Se ti sei mai chiesto a chi appartengono davvero i gatti randagi, eccoci: la risposta è questa qui

Ogni volta che vediamo un gatto randagio, ci viene immediatamente da chiederci come mai sia finito in quelle condizioni. Nella nostra mente, infatti, un gatto deve, in un certo senso, appartenere necessariamente a qualcuno: o è di singole prsone, oppure deve esserci un qualche ente pubblico che si occupi di lui. Ma cosa dice la legge in merito? A chi appartengono i gatti randagi? Oggi vogliamo approfondire proprio questo argomento.

Partiamo da un presupposto: un gatto può essere randagio o, in qualche modo, apparire randagio. Infatti, potrebbe benissimo darsi che sia stato abbandonato, visto che i casi di abbandono di animali, nonostante le innumerevoli campagne di sensibilizzazione che sono state fatte in materia, sembrano rimanere costanti nel corso degli anni. In questo caso, è sempre bene ricordare che, oltre a commettere un atto ignobile e privo di qualsiasi morale, chi abbandona sta commettendo in primis un reato, sanzionato dall’art. 727 del Codice Penale.

Se, però, non è il caso di abbandono, la domanda resta: a chi appartiene, o appartengono, i gatti randagi? Come ha spiegato Kodami, in questo caso la responsabilità è del singolo Comune in cui il gatto si trova.

I gatti, infatti, come tutti gli animali domestici, dalla legge italiana sono considerati beni mobili e quindi devono necessariamente appartenere a qualche ente o ad un privato. La materia è disciplinata dalla legge quadro 281 del 1991. Proprio per il fatto che è una legge quadro, contiene i principi generali della materia ma lascia la disciplina più specifica alle Regioni, che poi la “divideranno” anche con i Comuni e gli Enti.

Quindi, in buona sostanza, la responsabilità resta del Comune, ma il modo di gestire il randagismo potrebbe benissimo essere diversissimo in base ai diversi comuni.

Cosa ne pensate? Sapevate che la responsabilità fosse comunale? Fatecelo sapere nei commenti!