Reflusso acido nel gatto, da cosa può essere causato?
Cos'è il reflusso acido nel gatto e da cosa può essere provocato? Ecco tutto quel che c'è da sapere su questo disturbo di Micio
Il reflusso acido nel gatto, chiamato anche reflusso gastroesofageo (GERD), non è altro che un’alterazione del naturale flusso dei succhi gastrici. Significa, cioè, che i fluidi intestinali risalgono in modo anomalo lungo l’esofago fuoriuscendo dalla bocca. Un tempo si pensava che il reflusso acido fosse raro nei gatti quando in realtà è un disturbo piuttosto comune. Quando Micio vomita è probabile – tra le varie possibilità – che si tratti proprio di reflusso. Quando il vomito diventa una condizione patologica e non è sporadico, allora è necessario l’intervento del veterinario. Per fortuna esistono terapie efficaci contro il reflusso acido nel gatto e in poco tempo Micio può tornare come nuovo!
Reflusso gastroesofageo nel gatto, cause possibili
Il reflusso acido o gastroesofageo nel gatto può avere diverse cause. Principalmente si deve ai disturbi della motilità dell’esofago che non sono molto frequenti, in quanto conseguenza di anomalie congenite. Uno di questi è l’ernia iatale ha come conseguenze proprio il rigurgito cronico e la risalita di reflusso acido dallo stomaco alla bocca. Ciò che passa dall’esofago dovrebbe andare verso il basso ma, al contrario, la direzione del flusso si inverte e va verso l’alto. Talvolta il reflusso acido nel gatto è causato dalla presenza di un corpo estraneo nell’esofago oppure da altri disturbi come il vomito cronico o l’ostruzione delle vie aeree.
Anche quando viene somministrato un anestetico al gatto può verificarsi reflusso gastroesofageo, perché il farmaco provoca il rilassamento dello sfintere, cioè l’apertura tra lo stomaco e l’esofago. Anche il posizionamento improprio del gatto durante l’anestesia, nonché il mancato digiuno dell’animale prima della sua somministrazione possono provocare reflusso acido nel gatto.
Esofagite nel gatto, cosa sapere su questa infiammazione
Il reflusso acido può interessare i gatti di tutte le età a prescindere dalla razza o dal sesso, ma è molto più frequente negli esemplari giovani. Perché è importante curare questo disturbo nel più breve tempo possibile? La risposta è molto semplice. Il flusso persistente dei succhi gastrici, della pepsina e dei sali biliari (che sono acidi) dallo stomaco lungo l’esofago danneggiano le pareti e ne provocano l’infiammazione.
Ecco perché a proposito di reflusso acido nel gatto non su può fare a meno di parlare di esofagite nel gatto. Questa condizione può essere più o meno grave. Quando l’infiammazione è lieve l’unico sintomo evidente è proprio il reflusso acido e in questa fase curarla non è difficile e il micio guarisce in fretta. Se, però, non curiamo l’infiammazione questa nel tempo può danneggiare il rivestimento dell’esofago al punto tale da provocare ulcere e danni molto gravi.
Tosse nel gatto con reflusso acido
Non è difficile riconoscere il reflusso acido nel gatto perché, di fatto, Micio rigetta succhi gastrici. Viene fuori un vomito talvolta accompagnato da un’insolita schiumetta, di colore tendenzialmente molto chiaro. Nei casi di vomito biliare nei gatti, ad esempio, questo assume un’anomala colorazione giallastra. Ma il reflusso acido nel gatto è accompagnato anche da altri sintomi che mettono a dura prova la vita del nostro adorato micio. L’animale prova dolore perciò miagola e si lamenta ogni volta che prova a deglutire qualcosa. Di conseguenza inizia a mangiare sempre meno, con il risultato che a lungo andare perde peso. Nei casi più gravi di esofagite, inoltre, il micio può anche avere febbre alta e un aumento anomalo della salivazione.
La tosse è un altro sintomo tipico del gatto con il reflusso gastroesofageo. Certamente parliamo di un sintomo generico e che può essere associato a una miriade di malattie e disturbi, ma in questo caso ha una motivazione ben precisa. La tosse non è un sintomo molto frequente nel gatto, ma è chiaro che se l’animale attiva questo meccanismo di difesa ci sta dicendo che qualcosa non va. Con la tosse potrebbe provare a espellere qualcosa dal suo corpo, magari dalla gola. Potrebbe essere anche sintomo di un’infezione dei polmoni o addirittura di un’infestazione parassitaria a livello delle vie respiratorie. In questo caso è la naturale reazione del corpo all’infiammazione dell’esofago.
Singhiozzo nel gatto, sintomo di reflusso?
Il singhiozzo, a differenza della tosse, non è un sintomo strettamente legato al reflusso acido nel gatto. Consiste in una contrazione dell’addome che provoca degli spasmi, come dei sussulti. Succede proprio come in noi esseri umani e può capitare un episodio sporadico, che non deve destare troppa preoccupazione. Il problema sorge quando il singhiozzo diventa continuo e persino cronico, caso in cui ovviamente dobbiamo portare subito il micio dal veterinario. Il singhiozzo può essere provocato da asma, allergie, lesioni della gola o malattie cardiache. Nei casi più gravi anche da tumori.
Spesso i padroncini tendono a confondere la tosse con il singhiozzo, per questo è fondamentale chiedere il parere del medico quando osserviamo un sintomo strano nel micio. Solo con una diagnosi certa possiamo dargli le cure di cui ha bisogno per guarire.
Come si cura il reflusso acido nel gatto?
Come abbiamo detto (e ripetiamo), per curare il reflusso acido nel gatto occorre che il veterinario faccia una diagnosi accurata. Il reflusso di per sé è un sintomo, non una malattia, ed è importante capire cosa lo scatena e agire sulle patologie sottostanti. La maggior parte dei trattamenti si esegue direttamente a casa. In pratica il veterinario può consigliare di sospendere il cibo per un paio di giorni, per poi far seguire al micio una dieta a basso contenuto di grassi e proteine, somministrati in piccole razioni frequenti. I grassi e le proteine alimentari dovrebbero essere limitati perché i primi indeboliscono il muscolo tra stomaco ed esofago, mentre le seconde stimolano la secrezione di succhi gastrici.
Quando il gatto soffre di reflusso acido con esofagite o altri disturbi del tratto gastrointestinale, come la pancreatite, non può nutrirsi normalmente. In questi casi il veterinario può nutrirlo mediante un sondino che introduca fluidi alimentari e farmaci. Il trattamento prevede l’utilizzo di farmaci che fungono da protettori gastrici, migliorando il movimento intestinale e rafforzando il lavoro dello sfintere. In più riducono l’effetto del reflusso acido sulle pareti dell’esofago, evitando così che l’infiammazione peggiori e che degeneri in ulcere e perforazioni molto pericolose.