“Non c’è trippa per gatti”: perché si dice?
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“Non c’è trippa per gatti” o, nell’originale romanesco, “Nun c’è trippa pe’ gatti”: sicuramente sarà capitato anche a voi di sentire e usare questo modo di dire diffusissimo riguardante i nostri amici pelosi. Ma sapete anche perché si dice? Se la risposta è no, ve lo diciamo noi.
Il significato
Questa espressione popolare sta a indicare che in un determinato momento di difficoltà non è il caso di aspettarsi scorciatoie, regali, raccomandazioni o soluzioni che cadano dal cielo, e che l’unico modo per superarlo è quello di faticare parecchio.
Perché si dice “Non c’è trippa per gatti”?
A pronunciare questa frase per la prima volta fu Ernesto Nathan, sindaco di Roma tra il 1907 e il 1913. Per risanare l’economia della città, in grave difficoltà all’inizio del suo mandato, egli si mise al lavoro per ridurre le spese inutili.
A quei tempi a Roma l’amministrazione comunale si serviva di un certo numero di gatti affinché liberassero gli uffici del Campidoglio dalla presenza di topi che ne infestavano le stanze e ne rosicchiavano i documenti; questi gatti erano sfamati, appunto, con della trippa.
Ernesto Nathan, notando che le spese di mantenimento di questi animali erano fin troppo alte, decise di tagliare la loro razione di trippa dichiarando su un documento ufficiale “Nun c’è trippa pe’ gatti”: da quel momento in poi questi ultimi sarebbero stati costretti a cibarsi dei topi a cui dovevano dare la caccia, cosa che probabilmente li rese ancora più zelanti nel loro incarico.
Quest’espressione, divenuta subito molto famosa, si utilizza ancora oggi per indicare che un certo obiettivo sarà molto più difficile da raggiungere rispetto a prima.