Gatto d’Angora di Luigi XV: la storia
Vi presentiamo la storia di Brillant, adorato (e privilegiato) gatto d'Angora Turco di proprietà del re di Francia Luigi XV.
Sono forse in pochi a saperlo, ma l’abitudine di tenere con sé dei gatti come animali da compagnia si diffuse per la prima volta nella Francia di inizio XVIII secolo. I gatti a pelo lungo andavano per la maggiore, soprattutto l’Angora Turco: moltissimi nobili, nonché la stessa famiglia reale, ne vantavano almeno un esemplare. In questo articolo vi racconteremo in particolare la storia di re Luigi XV e del suo amatissimo micio.
Il primo esemplare di Angora Turco venne introdotto in Francia nel 1620 da Nicholas Fabri de Peiresc, che lo aveva acquistato a Roma dall’esploratore italiano Pietro della Valle. Gli Angora acquistarono in Francia una fama talmente grande che in Inghilterra, almeno fino al XIX secolo, erano conosciuti semplicemente come “gatti francesi”.
Erano ovviamente gli esemplari bianchi quelli prediletti alla corte di Versailles: la moglie di Luigi XV, la regina Marie Leszczyńska, ne possedeva uno, mentre Maria Antonietta arrivò a possederne sei e il cardinale Richelieu addirittura quattordici.
Una leggenda popolare molto diffusa narra che a seguito del suo arresto, nel corso della Rivoluzione Francese, Maria Antonietta diede disposizioni precise perché i suoi adorati gatti venissero portati in salvo in America; pare inoltre che una volta lì essi siano stati lasciati liberi e abbiano dato origine alla razza del Maine Coon.
Luigi XV, re di Francia dal 1715 al 1774 possedeva sia cani che gatti ma la sua passione per questi ultimi era molto più forte. All’età di 12 anni egli si occupava personalmente della sua gatta Charlotte quando diede alla luce 4 gattini. Stando a un racconto del Marchese di Calvière, però, il giovane re volle tenere in mano i cuccioli tanto a lungo da causare la morte di 3 di loro nel giro di 24 ore.
Raggiunta l’età adulta si affezionò in modo particolare a un gatto d’Angora di nome Brillant, donatogli appositamente dall’ambasciatore turco. A questo gatto erano accordati privilegi speciali: solitamente se ne stava appollaiato sul camino del cabinet du Conseil, lussuosissimo salone della reggia di Versailles in cui si tenevano le riunioni del Consiglio del Re.
Il principale addetto alle cure di Brillant era Louis Quentin, marchese di Champcenetz, ed è proprio lui il protagonista di un aneddoto riportato da Jean-Nicolas Dufort de Cheverny che ci fa capire quanto il sovrano tenesse al suo micio.
Il re possedeva un gatto d’Angora bianco dalla stazza incredibile, molto tranquillo e amichevole; era solito dormire nel cabinet du Conseil su un cuscino di damasco cremisi al centro della mensola sopra al camino. Il Re tornava sempre ai pétits appartements a mezzanotte e mezza. Non era ancora mezzanotte, e Champcenetz ci disse “Sapete che riesco a far ballare un gatto per qualche minuto?” Noi ci mettemmo a ridere e a scommetterci su.
Champcenetz tirò fuori dalla tasca una fiaschetta, accarezzò il gatto e gli versò sulle zampe un po’ di Eau De Mille Fleurs [distillato a base di vino bianco e urina di vacca]. Il gatto tornò a dormire e pensammo tutti di aver vinto la scommessa; ma improvvisamente, avvertendo gli effetti dell’orribile liquido, saltò per terra emettendo un rumore penetrante. Corse lungo il tavolo del Re, ringhiando, zoppicando e saltellando come nel bel mezzo di un balletto. Stavamo tutti ridendo a crepapelle per quello spettacolo, quando all’improvviso il Re apparve dal nulla: tornammo tutti al nostro posto, cercando di recuperare un’espressione seria.
Il Re chiese cosa ci fosse di così divertente. “Nulla, Sire, stavamo solo raccontando una storia”, disse Champcenetz. Proprio in quel momento il gatto riprese il suo strano balletto, correndo via come un pazzo. Il Re lo osservò attentamente. “Signori,” chiese,”che sta succedendo? Champcenetz, che avete fatto al mio gatto? Voglio saperlo”.
La domanda era serissima, e Champcenetz esitò solo per un istante prima di riassumere brevemente ciò che era successo, mentre il gatto continuava la sua danza. Riportò la storia sorridendo, e guardando negli occhi il Re per capire come avrebbe reagito. Ma il Re aggrottò la fronte e disse: “Signori, la cosa finisce qui. Ma se volete divertirvi ancora in futuro, confido che non lo farete a spese del mio gatto”. E lo disse in modo talmente risoluto che nessun altro provò più a far ballare il gatto. Successe solo quella volta.