I gatti possono fare le smorfie? E quali sono quelle più comuni?
Fido è più facile da interpretare, ma anche i gatti possono fare le smorfie e quello che significano può davvero stupirci e farci innamorare ancor di più
I gatti possono fare le smorfie e le fanno in moltissime case del mondo. Siamo di fronte, infatti, a uno dei pet più popolari in assoluto. Ce ne sono circa 200 milioni in tutto il mondo, senza contare i randagi. Volendo citare qualche numero, ad amarli particolarmente è il 38% dei canadesi, il 25,4 degli americani e il 25 degli europei. Numeri altamente significativi.
Ma perché li si ama tanto? Sono ottimi animali da compagnia, aiutano a ridurre lo stress e, insieme ai cani, entrano a far parte dei programmi di pet therapy. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. L’amore che è in grado di donare un amico a quattro zampe è davvero sorprendente.
Linguaggio dei gatti
I gatti possono fare le smorfie, lo testimoniano innumerevoli fotografie e video sul web. Ci sono interi canali e pagine social dedicate a questi piccoli esserini tanto sorprendenti. Nonostante siano estremamente popolari, comprendere il linguaggio dei gatti non è così immediato. Tuttavia è indispensabile per sapere quello che gli passa per la testa e quando è il caso di intervenire.
Nonostante ci sia una serie di falsi miti sui gatti da sfatare, non sono così chiari come i migliori amici dell’uomo. Hanno bisogno dei propri spazi, ma anche di ricevere amore. Ecco allora che non si deve dare mai nulla per scontato con loro. Inoltre, studiare le loro mosse ed espressioni li rende ancora più misteriosi e affascinanti.
Il nostro obiettivo è non fraintenderli, capirli e correre in loro aiuto quando hanno bisogno di una mano. Una smorfia, infatti, può indicare anche dolore ed ecco che conviene chiamare il veterinario di fiducia (che conosce anche eventuali pregressi clinici e caratteristiche di razza). A tal proposito ecco come si mostrano gatto e dolore quando, purtroppo, hanno a che fare l’uno con l’altro
Atteggiamenti dei gatti
La posizione del corpo, delle orecchie, della testa, persino quella della coda ci possono dare informazioni sullo stato di salute psicologico ed emotivo della nostra piccola palla di pelo. Sono tutti indizi preziosi per imparare a leggere colui che fa parte della famiglia a tutti gli effetti.
Infatti, nonostante i rapporti tra bipedi e quadrupedi siano sempre più simbiotici e il gap comunicativo – inevitabile tra due specie così diverse – si sia ridotto, ci sono ancora aspetti del nostro adorato Miao che ci sfuggono. Ciò lo rende certamente molto affascinante, ma può rappresentare un problema se non impariamo a capire quando ha bisogno del nostro supporto e quando, invece, preferisce essere lasciato in pace.
Un gatto che ha paura ed è ansioso lo riconosciamo perché, il più delle volte, si accovaccia per terra, oppure inarca la schiena, abbassa la testa e appiattisce le orecchie. Inoltre, potrebbe decidere di enfatizzare la posizione di difesa con versi poco amichevoli. Anche il pelo rizzato e i morsi sono dei segnali da non ignorare. Un felino spaventato può essere anche pericoloso, se decide che siamo noi il nemico. A tal proposito, potrebbe tornare utile imparare come curare l’ansia del gatto.
Viceversa, un gatto sereno e persino contento potrebbe venirci incontro con la coda rivolta verso l’alto, il corpo e la testa in posizione neutrale e le orecchie rivolte in avanti. Quando si riposano e non si sentono minacciati, i nostri amici a quattro zampe possono anche sdraiarsi su un fianco e distendere gli arti, oppure infilarli sotto il corpo in posizione di cuccia.
Nonostante alcuni studiosi abbiano scoperto che alcuni esseri umani sono in grado di distinguere con facilità le immagini di felini che stanno male da quelle che li ritraggono senza fastidi, non c’è tantissimo che la scienza abbia provato al riguardo. Si tratta più che altro di prese di coscienza empiriche.
Gatto con la bocca semiaperta
I gatti possono fare le smorfie e una particolarmente buffa è quella che li vede rimanere con la bocca socchiusa. Le espressioni sono tante e alcuni ricercatori hanno cercato di studiarle e di trovare una collocazione ben precisa. A tal proposito, ecco perché i gatti rimangono a bocca aperta.
Uno studio online ha previsto di somministrare a un campione di esseri umani una serie di videoclip con protagonisti dei gatti in diversi contesti. Alcuni erano positivi e Miao cercava di avvicinarsi per ricevere un premio succulento, in altri si mostrava più restio e non si fidava di una persona a lui sconosciuta. I video sono stati scelti in base a criteri precisi e modificati perché ci si potesse concentrare solo sul volto, il linguaggio del resto del corpo non doveva poter dare informazioni extra.
Più di 6.300 persone, da 85 Paesi diversi, hanno rilasciato la propria dichiarazione e hanno individuato lo stato d’animo corretto nel 59% dei casi. Un dato che – seppur incoraggiante – denota quanto ancora per noi bipedi sia difficile interpretare la psicologia del nostro amico a quattro zampe.
Smorfia di Flehmen nel gatto
I gatti possono fare le smorfie anche se non tutti sono in grado di decodificarle. Tuttavia ci sono dei soggetti che hanno delle doti maggiormente sviluppate in tal senso. Sempre all’interno dello stesso studio condotto da remoto, un piccolo sottogruppo (circa il 13%) ha dimostrato di essere particolarmente affine al linguaggio felino, registrando un punteggio superiore a 15 o a 20 punti possibili.
In percentuale si tratta di più donne rispetto al numero di uomini. Un dato che non ha creato stupore dei ricercatori, visto che le donno si sono dimostrate più inclini a interpretare i segnali non verbali, quelli emotivi. Un risultato confermato anche su studi che si sono concentrati sui cani o sui neonati.
Non è raro che siano veterinari o persone che lavorano nello stesso ambito. In questo caso non è solo empatia, ma anche il risultato di tante ore passate a stretto contatto con Micio e Bau. Qualcosa che ci rassicura, dato che sono le persone che si prendono cura delle nostre piccole palle di pelo. Lo stesso si può dire per chi ha un felino che gli scorrazza in giro per caso, a confronto con chi non ha esperienza con gli animali.
Saper leggere le espressioni facciali, infatti, migliora il legame tra i proprietari e i loro compagni di avventure a quattro zampe. Un rapporto che ha dell’incredibile e che dura fino alla morte. Lo possono confermare coloro i quali hanno avuto o hanno ancora esperienze dirette.