Come accudire un gatto randagio? Dall’accoglienza all’affido, cosa fare
Non esiste città che non ne abbia, c'è chi se ne prende cura e chi li mal tollera, noi cercheremo di scoprire insieme come accudire un gatto randagio
Proviamo a capire insieme come accudire un gatto randagio. Ormai non sono solo mezzi per tenere lontani i topi o altri animaletti fastidiosi, né Fido è solo un cane da guardia o di salvataggio (giusto per fare un esempio). I pet fanno parte della famiglia a tutti gli effetti e la loro salute è una priorità.
Non abitano al calduccio nella nostra casetta, ma meritano comunque la nostra attenzione. Se poi riuscissimo a trovare una famiglia che voglia loro bene, sarebbe davvero il massimo e il nostro cuore animalista ne gioirebbe in un modo indescrivibile.
Uno sguardo di insieme
Sul territorio nazionale, secondo le stime, ma si tratta di numeri sempre variabili, a casa insieme ai bipedi ci sono circa 7,5 milioni di felini. Per fortuna la cifra di quelli che vivono in strada è inferiore, ma comunque considerevole: 2,4 milioni. Per questa considerazione e per senso civico, diventa un gesto che può fare la differenza.
Sapere come accudire un gatto randagio allora diviene fondamentale. Se possibile non affidiamoci mai al fai da te, partiamo con le migliori intenzioni ma rischiamo di danneggiare la salute di Miao. Rivolgersi al proprio veterinario di fiducia, se lo abbiamo, o alla clinica più vicina e il primo passo verso un comportamento responsabile.
I numeri celano una situazione preoccupante
A tutti è capitato più volte nella vita di vedere un amico a quattro zampe attraversare con incedere elegante o rimanere in equilibrio sul bordo del cassonetto (alla ricerca di cibo, ma mantenendo sempre la classe che contraddistingue i felini). Si tratta di animali solitari o che fanno parte di colonie (alcune riconosciute, altre no).
Lo ribadiamo per sottolineare l’ordine di grandezza di quel fenomeno che è il randagismo. Di fronte di 7,5 milioni di gatti domestici – che hanno la fortuna di vivere regolarmente, ben curati e protetti, nelle nostre case – ci sono più di due milioni di esemplari che cercano di vivere nel migliore dei modi possibili tra i vicoletti urbani.
Ad aiutarli ci sono le cosiddette ‘gattare’, un modo simpatico per definire quelle persone che vorrebbero avere o hanno tantissimi amici a quattro zampe a casa. La legge sulle colonie feline, infatti, parla chiaro: devono essere regolarmente riconosciute e il titolare è responsabile dell’incolumità e dell’operato di Miao. A tal proposito potrebbe tornare utile saperne di più su come nutrire e gestire i gattini rangagi
I figli dell’indifferenza
Ma se lo incontriamo per strada, come possiamo accudire un gatto randagio? In che modo possiamo fare la nostra parte per alleviare almeno in parte le sue sofferenze e fargli avere un briciolo di fiducia nel genere umano? Il nostro obiettivo è proprio quello di trovare qualche spunto e dare consigli utili a chi non è in grado di girarsi dall’altra parte.
Cerchiamo quali sono le mosse più giuste e importanti per fare la differenza in un mondo in cui aleggia l’indifferenza verso il prossimo, bipede o quadrupede che sia. Un atteggiamento che intimorisce e che fa avere sempre meno slancio verso l’uomo. Individualista, egoista e che pensa solo al consumismo. Ma chi ci pensa a questi poveri micetti? Per fortuna ci sono ancora persone empatiche, con il senso del mutuo soccorso che agiscono concretamente.
Come comportarsi, il microchip
Adesso però passiamo al concreto, a quello che è meglio fare dal momento in cui incontriamo un amico a quattro zampe in difficoltà in avanti. Intanto cerchiamo di appurare che sia davvero un randagio. C’è infatti la possibilità che si sia perso e che qualcuno a casa lo stia aspettando con il cuore in gola.
Se Miao non ha la medaglietta con nome e numero di telefono del proprietario, speriamo abbia quantomeno il microchip. Altro non è che un dispositivo grande quanto un chicco di riso, installato sottopelle e in grado di rilasciare un numero identificativo legato all’esemplare che lo ‘ospita’.
Si tratta di un notevole passo avanti in termini di civiltà, ormai obbligatorio per i felini in Lombardia e in tutta Italia per i cani, che ci permette di gestire al meglio il fenomeno dello smarrimento o del furto. Quest’ultimo si verifica soprattutto quando gli esemplari sono di razze rare.
Il microchip ha un solo punto debole: se non viene ‘interrogato’ mediante apposito lettore, in dotazione ai veterinari regolarmente iscritti all’ordine, non emette alcun segnale. Questa è un’informazione importante. Se vediamo un felino randagio che non ci sembra poi così malconcio, per sicurezza, portiamolo presso l’ambulatorio veterinario più vicino e togliamoci ogni dubbio.
Si tratta davvero di un randagio
Se possibile, non fermiamoci al microchip che potrebbe non essere stato inserito, ma chiediamo in zona se qualcuno conosce il quadrupede in questione e il suo eventuale padrone.
Un metodo antico, ma che non passa mai di moda, è quello di attaccare dei volantini nel quartiere, chiedere di fare altrettanto ai veterinari di zona e scrivere degli annunci sui social network dove ci sono sempre più gruppi che si interessano al benessere di cani e gatti.
L’utilità del web
Facebook, Instagram, Pinterest e chi più ne ha più ne metta. Il denominatore comune è lo stesso: aiutare i nostri amici a quattro zampe, ormai sempre più in simbiosi con l’uomo e il suo stile di vita. Il consiglio però è quello di usare responsabilmente mezzi sulla carta straordinari ma che possono essere pericolosi.
Tutto dipende dai fruitori: se chi li utilizza è gente perbene che agisce nell’interesse della collettività, possiamo solo assistere a meccanismi straordinariamente virtuosi; altrimenti incappiamo in delinquenti e gente che non ha il minimo trasporto verso gli animali e non ha idea di cosa sia la cultura del rispetto.
Purtroppo sono ancora troppe le notizie di maltrattamenti, abbandoni e abusi sugli animali. Per fortuna, però, qualcosa lentamente si sta cominciando a muovere e adesso anche l’assetto legislativo sta mutando a tutela dei pet e degli animali in generale. Nello specifico, la legge è la numero 189 del 2004, “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”.
Il primo soccorso
Una volta stabilito che non c’è nessun proprietario, o in attesa di trovarlo (dipende dalle condizioni di salute del nostro amico a quattro zampe che possono essere più o meno critiche), capiamo come accudire un gatto randagio nel concreto, facendo in modo che possa godere del primo soccorso di personale qualificato e in grado di fare tutto il possibile.
È sufficiente davvero poco: una ciotola con dell’acqua fresca e pulita e una con del cibo. Dopodiché però bisogna andare dal veterinario di fiducia, se lo abbiamo, altrimenti va bene anche quello più vicino, per capire quale sia lo stato generale di salute di Miao e se c’è qualcosa che va fatta per evitare che soffra o – peggio – perda la vita. È in questo contesto che si controllerà l’eventuale presenza del dispositivo identificativo.
E se Miao volessimo adottarlo?
Che siamo noi in prima persona a innamorarci della dolcezza disarmante di questa anima bella o qualcun altro, l’epilogo migliore a cui bisogna puntare, se non ci sono proprietari che reclamano, è l’adozione.
Se portiamo a casa con noi un randagio, non solo aiutiamo i volontari dei rifugi e salviamo una vita; ma facciamo un enorme regalo a noi stessi: Miao e Fido sono talmente amabili e in grado di dimostrare affetto incondizionato da insegnarci valori unici e migliorare la qualità della nostra vita.