Non potendo più camminare, il povero gattino ferito non faceva altro che urlare e disperarsi, senza avere più speranze – Video
Il micino era talmente messo male da essere una fotocopia sbiadita di sé stessa
Mentre camminava tra i cespugli, la donna sentì un miagolio. O almeno così gli sembrava, perché solo un controllo più approfondito gli avrebbero permesso di stabilire se ci avesse o meno sentito giusto. Di tirare dritto, fingendo di non sentire nulla, era escluso: glielo imponeva il suo cuore, così sensibile ai diritti degli animali randagi. Presto i dubbi sparirono: un povero gattino ferito versava in condizioni tremende. In particolare, una zampa posteriore allarmava.
Tornata a casa, la buona samaritana prese del cibo e dell’acqua al fine di nutrire il piccolo. La ferita era esposta e lo mosche gli davano tormento. Allarmata dalle sue sofferenze, la soccorritrice capì di doverlo portare al più presto in una clinica veterinaria. Il parere competente ed esperto di personale specializzato gli avrebbe consentito di tracciare un quadro accurato e di definire una terapia efficace.
Tuttavia, il tenero baffuto tendeva a nascondersi in un angolo. Forse era scottato da precedenti esperienze con le persone, o forse era la prima volta che ne incontrava una. Qualunque fosse la verità, preferiva rintanarsi. Si sentiva riparato, ma la volontaria perseverò. Recuperato un trasportino cercò di farlo entrare, invano. Priva di un luogo adatto dove accoglierlo, usò un contenitore di polistirolo pulito.
Presso la struttura vide le ossa delle dita esposte, la pelle lacerata e decine di vermi. L’infermiera lo ricoverò subito e preparò una trasfusione per via della debolezza del felino e la perdita eccessiva di sangue, evidente dal colorito bianco delle orecchie e delle gengive. Nonostante l’intervento, il povero gattino ferito andava avanti a piangere nei giorni seguenti. Mangiava abbastanza, ma soffriva di diarrea, il che gli impediva di rimettersi in forze.
Trascorsi cinque giorni dall’intervento, continuava a non svegliarsi e a ricevere flebo. Grazie al cielo, la seconda operazione andò liscia come l’olio e gli venne evitata l’amputazione della zampa. Trascorso un mese di cure, poté tornare a casa. All’inizio era spaventato, poi, però, Ergou (questo il nome affibbiatogli) capì di essere finito in ottime mani. Nella nuova famiglia strinse delle splendide amicizie e, seppur con un’esitazione iniziale, insieme al cane della nonna, Tuantuan!