Se sei emozionalmente “reattivo” sei ufficialmente destinato ad avere un gatto
Uno studio confuta finalmente un antico pregiudizio sul conto dei nostri amici baffuti
Sei una persona “reattiva” sotto il piano emotivo? Allora sei tipo da gatto. Lo segnala un nuovo studio, diretto da Joni Delanoeije dell’università belga KU Leuven e Patricia Pendry, docente presso il Dipartimento per lo sviluppo umano della Washington State University. La coppia di ricercatori ha pensato di scoprire il feedback delle persone alla prospettiva di terapia animale con mici.
Ebbene, i numeri parlano chiaro: la possibilità riscuoterebbe maggiore interesse. Di solito, iniziative del genere coinvolgono esclusivamente i cani, segnala la rivista Anthrozoos. Eppure, anche i teneri baffuti sanno rivelarsi una risorsa preziosa, capace di rassicurare il paziente e trasmettergli delle emozioni positive.
In totale, Delanoeije e Pendry hanno interpellato più di 1.400 studenti universitari e docenti di 20 istituti universitari. È saltato fuori che individui dalla forte emotività tendono più verso il gatto anziché verso il cane. Soprattutto a loro gioverebbe l’inclusione nel trattamento. Pendry sottolinea come da sempre i felini vengano messi in secondo piano a livello di interazione. In realtà, gli studenti con certi tratti della personalità prediligono i mici. La risposta delle persone agli eventi terapeutici apporta dei notevoli benefici, qualora la persona sia parecchio suscettibile. La prevalenza di essi è di sesso femminile e ne possiede.
L’emotività – ha aggiunto Pendry – costituisce un tratto abbastanza stabile. Non fluttua e rimane connaturato nell’individuo nel corso della sua intera esistenza. Chi si trova all’estremità superiore della scala è ben parecchio più interessato a interagire coi gatti nei campus. Poiché il lavoro precedente ha dimostrato la maggiore apertura alla formazione di forti legami con gli animali, gli autori ritengono opportuna l’inclusione dei felini.
L’esito è stato piuttosto sorprendente anche per Pendry, che ha desiderato scavare a fondo sulle ragioni dell’attaccamento. Difatti, sebbene vengano considerati “perspicaci” di primo acchito appaiono meno calorosi, d’altro canto chi ne ha ne conosce benissimo l’animo. Alla luce di tali rivelazioni sarà interessante scoprire se qualche ente deciderà di adottare dei cambiamenti alle metodologie applicate sui pazienti. Nella ricerca del miglioramento, valutare perlomeno l’idea sembra ne valga davvero la pena.