Gatto di 22 anni scaricato in un bidone da alcuni bambini
Si chiama Frankie il gatto di 22 anni che alcuni bambini in Inghilterra hanno scaricato in un bidone. Come si fa a essere così crudeli già da piccoli?
Questa è la storia di Frankie, un gatto di 22 anni scaricato in un bidone da alcuni bambini, che lo hanno trattato come se fosse un rifiuto da gettare via, noncuranti del fatto che è una creatura vivente, con un cuore e un’anima, da rispettare, amare, proteggere. La storia arriva da Wymondham, un paese della contea del Norfolk, in Inghilterra. Ma ha già fatto il giro del mondo.
Qualcuno per fortuna ha trovato Frankie in un cestino a Wymondham, nel Norfolk, e portato al Feline Care Cat Rescue sabato. Qui la fondatrice Molly Farrar ha voluto lanciare un appello, dopo aver saputo che il micio anziano era stato chiuso in un sacchetto di plastica e lanciato in un bidone della spazzatura. Quei bambini lo avevano portato via da casa sua e per fortuna Frankie ha fatto ritorno dalla famiglia sano e salvo. Ma le telecamere di sicurezza della zona avrebbero ripreso tutto l’accaduto e la polizia sarebbe già sulle tracce dei responsabili.
I veterinari, dopo aver controllato le sue condizioni di salute, hanno visto che aveva un microchip. Purtroppo non era aggiornato, ma hanno potuto risalire al suo vecchio nome e al suo vecchio indirizzo. L’associazione ha così lanciato un appello su Facebook: “Siamo sicuri che qualcuno deve sapere chi è, per favore aiutateci a trovare la sua famiglia“. Per fortuna non c’è voluto molto prima di rintracciare la famiglia di Frankie, che un tempo si chiamava Cleo: i suoi vecchi proprietari avevano cambiato casa e l’avevano abbandonata, ma aveva trovato presto una nuova casa.
La famiglia di Frankie, il gatto di 22 anni scaricato in un bidone dei rifiuti, è stata felice di poter riavere il gatto a casa. “Siamo così contenti di averla a casa, sta saltando da un giro all’altro ottenendo tutto il clamore che può”, hanno detto. Attualmente è seduta sulle mie ginocchia sul ‘Frankie blankie’, come lo chiamiamo noi“.