Gatto egiziano: significato e simbologia nell’antico Egitto
Il gatto egiziano aveva un posto di rilievo nella simbologia sacra dell’antico Egitto. Quali i significati che gli venivano attribuiti?
Gli antichi gatti egiziani Mau godevano di uno status sacro nella religione di questo Paese, tanto che le divinità dei gatti esistevano già prima della formazione del Regno stesso nel 3100 a.C. Qual era, allora, il loro significato nella simbologia sacra dell’antico Egitto?
I gatti Mau erano adorati dal popolo egiziano per vari motivi: i nobili li consideravano simboli di ricchezza, status e grazia; mentre tra la gente comune erano popolari perché predavano serpenti, topi e uccelli e, insieme ai furetti, erano usati per mantenere i granai e i magazzini liberi dai parassiti salvaguardando il popolo dalla fame. Inoltre, gli egizi credevano che i felini sorvegliassero la casa ed erano considerati guardiani spirituali, che portavano varie benedizioni, piuttosto che animali domestici.
Nel ricco simbolismo associato ai gatti Mau dagli antichi egizi questi rappresentavano simbolicamente il guardiano degli inferi. A causa della loro rilevanza divina, non c’era solo una dea del gatto, ma i felini venivano onorati anche dopo la loro morte attraverso la mummificazione.
Il culto del gatto esisteva già durante il Nuovo Regno: la dea “Mafdet”, la divinizzazione della giustizia e dell’esecuzione, era una dea dalla testa di leone che venne sostituta in seguito da “Bastet”. La dea “Bastet” era la dea del gatto che, in origine, era una leonessa guerriera poi associata ai gatti domestici. Con il passare del tempo evolse in una divinità più potente che rappresentava la maternità, la fertilità e la protezione e venne chiamata l’“Occhio di Ra”.